Idrosadenite Suppurativa, un manifesto per riconoscerla
Colpisce almeno 11 pazienti ogni 100mila abitanti
Una malattia infiammatoria della pelle cronica, invalidante, ma ancora poco conosciuta. E' la idrosadenite suppurativa che si stima in Italia colpisca almeno 11 pazienti ogni 100mila abitanti affetti da noduli sottocutanei dolorosi e infiammati nelle aree delle pieghe del corpo che comprendono ascelle, inguine e zone anogenitali. "Il silenzio su questa malattia è stato lungo e negli anni pochi sono stati gli interventi per migliorare la qualità di vita dei pazienti - spiega Giusi Pintori, direttrice dell'Associazione Pazienti "Passion People" durante la conferenza stampa di oggi alla Camera, organizzata con il patrocinio della Sidemast per presentare le proprie proposte- Vogliamo diffondere una conoscenza piena e consapevole. Chiediamo alle istituzioni un impegno concreto per garantire ai pazienti le basi necessarie per una reale advocacy, fondata su diritti e accesso equo alle cure". Tra i dieci punti del Manifesto delle persone con Idrosadenite Suppurativa, illustrato alla presenza di Ugo Cappellacci e Luciano Ciocchetti, rispettivamente Presidente e Vicepresidente Commissione Affari Sociali della Camera dei deputati, oltre all'impegno di diffondere la conoscenza della malattia, anche garantire una cura integrata, riconoscere la condizione di disabilità, assicurare l'accesso alle terapie su tutto il territorio nazionale. Per Damiano Dante Cesari Abeni, responsabile dell'unità di epidemiologia clinica dell'Istituto Dermopatico dell'Immacolata Irccs di Roma, "la gravità clinica della malattia è legata al sovrappeso e soprattutto al fumo di sigaretta, tre quarti della popolazione con idrosadenite suppurativa è fumatore. E' una malattia paradigmatica, sia i livelli di dolore e di irritazione cutanea, sia le ricadute sulla sfera psicosociale non si riscontrano in nessun'altra patologia: una combinazione di sintomi ed emozioni negative che può essere devastante per il paziente. Il bisogno di cure complesse - spiega- che vanno dalla terapia farmacologica, a quella del dolore, a quella chirurgica e psichiatrica, è negato dal mancato riconoscimento della gravità della malattia, che sconta anni di ritardo diagnostico e un'inaccettabile sperequazione per i pazienti che devono affrontare viaggi lunghi per trovare strutture adeguate. Una mano potrebbe venire dalle telemedicina". Proprio perché questa malattia è poco conosciuta, "il ritardo nella diagnosi può superare i 7 anni - conclude Luca Bianchi, Ordinario di Dermatologia e Venereologia, Università di Roma Tor Vergata. - E' necessario intervenire in maniera chiara, possibilmente su target specifici, il più precocemente possibile per arrestare la progressione della malattia".
A.Wyss--NZN