Convince a Spoleto la crisi di coppia Orfeo ed Euridice
Successo per l'opera di Gluck con la regia di Michieletto
(di Bianca Maria Manfredi) Ci sono degli spettacoli dove tutto ha un senso e ogni elemento ha una sua ragion d'essere: uno è l'opera Orfeo ed Euridice, composta da Cristoph Willibald Gluck nel 1762 e andata in scena al festival di Spoleto con la direzione di Antonello Malacorda e la regia non banale e acuta di Damiano Michieletto. Coproduzione con la Komische Oper di Berlino dove nel 2022 ha debuttato, questa interpretazione parte dal presupposto che a dividere Orfeo ed Euridice non sia il morso di serpente che la uccide, ma siano le difficoltà di un matrimonio in crisi, che la portano a tentare il suicidio. È una storia attuale e coerente anche con la musica di Gluck eseguita dall'orchestra di Santa Cecilia, potente dal punto di vista visivo, in cui ciascuno dei protagonisti ha un ruolo preciso in ogni momento, anche il coro del teatro berlinese, anzi ogni singolo corista. Le scenografie essenziali (firmate da Paolo Fantin, mentre i costumi sono di Klaus Bruns) portano Orfeo (il magistrale controtenore Raffaele Pe) in completo grigio e camicia bianca a disperarsi in ospedale davanti al letto della donna che, ora che rischia davvero di perderla, si rende conto di amare. La sua discesa agli inferi è un viaggio dentro di sé, in un atro reso sempre più buio dalla presenza dei coristi trasformati in creature nere senza volto (oscure, si legge nel libretto), che si muovono alle coreografie di Thomas Wilhelm come fossero lava che si espande. Lo stesso materiale nero che li copre e che strappano per rivelarsi poi in abiti color carne avviluppa la scena in cui è esaltata la prospettiva che ha come punto di fuoco un antro nero che rischia di inghiottire per sempre Euridice ( Nadja Mchantaf). Lui si avvicina per portarla via, attento a non guardarla ma lei teme di non essere vista perché non la vuole più, gli chiede di incrociare il suo sguardo e lui, nonostante il divieto, lo fa. Così Euridice muore. Nel suo letto d'ospedale. Disperato Orfeo vuole uccidersi ma è Amore a fermarlo, è l'amore a resuscitare Euridice, come è l'amore a rinsaldare a volte il legame delle coppie in difficoltà ancora oggi. Oltre al lieto fine, al termine dell'opera, c'era soprattutto il pubblico che ha apprezzato questa versione non scontata, capace di dimostrare l'attualità del melodramma, anche quello che prende spunto dal mito. Un tributo in qualche modo a un maestro del teatro di regia, Walter Feldenstein, il fondatore della Komische Oper di cui non a caso Michieletto a curato per il Saggiatore l'edizione italiana di una antologia di scritti finora mai pubblicati nel nostro Paese dal titolo 'Teatro totale', un teatro in cui ogni elemento è importante e ha la sua ragion d'essere.
P.E.Steiner--NZN